24/09/17

The Project. Nikki - Part 1.

Giacca e cravatta, vestito blu navy. Sono vicino casa per un colloquio con il boss per un posto di lavoro. Il boss chiaramente vuole prendere un maschio perché si sente solo nel suo ufficio pieno di donne, tra l'altro brutte. Ci stringiamo la mano e mi dice che mi farà sapere. Mi hanno praticamente già preso, ma prima di dirgli di sì attendo qualche offerta migliore. Guardo l'orologio. Ore 9.45. Ho il tempo per tornare a casa e togliermi il vestito e mettermi qualcosa di comodo come jeans e maglietta. Poi via in metro perché, incredibilmente, oggi mi viene a trovare Nikki. E' da parecchio che non ci vediamo. Un anno e mezzo o due anni. Come cazzo passa il tempo. Arrivo nella stazione malfamata della città, nel quartiere in cui ci sono le amate puttane, bulgare, nigeriane, rumene. Lei non è ancora arrivata e io rimango ad ascoltare musica mentre guardo i passanti. Brutti passanti. Il bus arriva e Nikki scende con uno zaino grigio e mi sorride quando mi scorge. Ci abbracciamo. Andiamo a casa a sistemarci un attimo prima di riscendere. Facciamo due metri e ci fermiamo subito al wine bar sotto casa. Bottiglia di vino rosso e si comincia. Ne prendiamo una e poi due e ridiamo e parliamo di come l'universo e tutti noi esserini che ci siamo dentro siamo collegati, come se fossimo una cosa sola. E sentiamo di essere una cosa sola quando stiamo con qualcuno con cui ci capiamo benissimo e con cui ci piace stare. Nikki è una scheggia impazzita e non l'ho mai vista ferma. Probabilmente ha anche lei giornate normali e tranquille in cui vai al lavoro, torni a casa e ti guardi una serie sul divano. Mi piace pensarlo. Proseguiamo con del sushi e poi torniamo al wine bar, fedelissimi. Conosciamo la cameriera marocchina, grande figa, Nikki le parla in francese mentre io capisco una frase ogni tre. Prendiamo altre due bottiglie di vino, stavolta bianco. Siamo di nuovo a casa, musica a palla mentre parliamo degli ultimi due anni e di come sono andati. Lei si è fidanzata con un tipo, non so quanto durerà, ma le piace la tranquillità del momento. Al lavoro le cose le vanno così così. Però a volte conosce gente interessante, come un cinquantacinquenne israeliano ex musicista, che ora vive di rendita su delle case di famiglia, che entra nel bar dove lavora Nikki e comincia a consigliarle musica jazz e blues spettacolare e mai sentita prima. Anni '70 e '80, quando ti producevano tutto. Crolliamo a dormire e ci rialziamo alle 10. Giriamo per la città e arriviamo nel punto panoramico con i giardini che danno verso il centro della città. Faccio una foto alle nostre mani. Prima foto del Project. Continuiamo verso la piazza principale, fermandoci ad ascoltare un chitarrista vagabondo per un attimo. Compriamo cioccolato in un posto lussuoso, solo perché possiamo. Giriamo per chilometri e ci fermiamo in un bar a prendere una birra. Un signore si avvicina cantando house of the rising sun, in francese. Nikki cerca di capire gli accordi della canzone e il signore le mostra e le canta gli accordi. Lei gli rifila qualche moneta, io mi guardo attorno, mi alzo, faccio acquisti dai neri piazzati sugli scalini e ritorno al bar a finire la mia birra. Visitiamo un negozio di vinili. Compro un 45 giri dei pink floyd, alcune canzoni embrionali e inedite del '68-'69. Lei compra un paio di vinili di un jazzista. Ti direi Duke Ellington, ma non mi pare giusto. Era un altro. Dick...Dixie...non ricordo. Torniamo a casa ad ascoltarli mentre io fumo e lei beve una birra presa in un altro negozio ancora. Siamo stanchi dei due giorni perennemente in giro, ma la pacchia sta già per finire perché Nikki lavora già domani e quindi deve ripartire la sera. Prepara lo zaino e si scende. La accompagno in stazione, la abbraccio fortissimo e le dico che ci si vede appena possibile. Chissà quando. Lei parte.

Domani parto io.



Nessun commento:

Posta un commento