26/09/13

Ancore di odio.

Sei una puttana.
Sei una puttana perchè hai venduto odio in cambio di un cazzo.

Le persone tristi e depresse, quelle stressate, quelle con problemi pressanti, utilizzano, volontariamente o involontariamente, delle ancore per collegare il cervello a momenti felici o divertenti.
In pratica si ascoltano una canzone, tipo quella con cui hanno scopato la prima volta, o quella di una notte in cui hanno dormito con l'amato/a e si ricordano i momenti e si li immaginano di nuovo e sono contenti. Mettono tutto da parte per qualche decina di minuti prima di risprofondare nella realtà.
Io no.
Io ho ancore di odio.
Mi servono a ricordare di quanto tu, lei, lui, abbiate sbagliato e mi abbiate fatto male. Mi ricordo le parole, i gesti, le puttanate dette per scusarsi, gli sguardi infami e ipocriti. E così vivo benissimo perchè ho memoria.
Mi ricordo cos'hai fatto e, così, non potrai venire a chiedermi scusa neanche il giorno del giudizio, neanche quando l'apocalisse ci smantellerà.

Non sai per quanto tempo, mesi, avevo preparato tutto.
Mi ero informato su dove abitava, sulla sua macchina, sulla strada da fare, sui vestiti da indossare, sul passamontagna, sulla pistola.
Spararlo da finestrino a finestrino, dopo che si fosse fermato per salutarmi.
L'ultima volta che ci eravamo parlati gli avevo suggerito di vendere il culo per fare un po' di soldi.
E tutte le volte che mi passava accanto, pensavo "dai, provaci. Provaci. Salutami. Vediamo cosa succede." e immaginavo di piazzargli una bomba tra le ruote.
Mesi e mesi di sogni che implicavano la sua morte e altre vicine.
Ero io quello che gli ha spaccato lo specchietto.
Come dimenticare tutti i sogni in cui si impiccava in una cantina buia e triste, con la tristezza in volto? Tutto si avvera.
Io immaginavo un incidente stradale che mi avrebbe tolto dalle incombenze di rischiare la galera, ma la provvidenza ha scelto diversamente, ma sempre giustamente.
Chiuso in una stanza, ti sei guardato allo specchio un'ultima volta, con le lacrime agli occhi, con uno sguardo perso e rassegnato, con quella sensazione di freddo in bocca.
Lì, insieme a tutte le mie maledizioni.

Ed ora sono tutti spuntati come funghi a dirti arrivederci. Tutti quelli che ti avevano accusato, tutti quelli che avevano portato prove contro di te, tutti che ti adulano come il mentore che gli ha salvato la vita. Ora tutti ti vogliono un gran bene, vedi? Bisogna sempre aspettare per essere apprezzati.
Non ti fa ridere?
Io ridevo un botto mentre ci fumavo sopra.
Non ho questa empatia che sembra innata nella razza umana, non sono uno di voi. Io mi siedo in camera e rido a voi ed a tutti i miei sogni.

Io sono altrove, babe.

11/09/13

Riparo dalla tempesta.

In una foto sei seduta a gambe incrociate sull'erba e hai uno di quei vestiti colorati che si mettono alle bambine e sorridi come solo una bimba può fare, fai brillare gli occhi e sai che tutto andrà bene perchè ci sono i tuoi genitori e qualcuno si prenderà sempre cura di te e i tuoi capelli svolazzano contenti anche loro.

Era inverno e tu avevi le cuffie nelle orecchie, guardavi nella mia direzione e non credevi che sarei venuto a parlarti, sbagliavi.
Fremevo.

C'è una foto, che è andata persa da qualche parte, dove sono seduto a suonare la chitarra, tentando di insegnarti un sol e tu sei lì, in piedi, che mi guardi, poco dopo aver tentato di darmi fuoco. Eri nervosa.
Eri rimasta in macchina stesa sui sedili posteriori a decidere se uscire ed incontrarmi o meno.

Il mese successivo fu un continuo inseguirsi, un correre incessante. Non sapevamo dove andare, non sapevamo dove cadere e dove farci male.
Decidemmo di farlo un po' ovunque.
Decisi di perdermi nel tuo profumo e nei tuoi gesti, non fu una grande scelta.

Come non lo fu quella di mandarti a fanculo.

Ma sapevamo che tutto sarebbe tornato normale.
Ti ho ritrovata un giorno triste e ti ho scritto una canzone, ma tu non lo sai.
Ci siamo baciati come due innamorati mentre ci coprivamo per il freddo e sono tornato a casa ghiacciandomi mentre ascoltavo lucky.

E un giorno sei venuta tu da me, ma questo nessuno lo sa, tu non eri gentile, tu non ci tenevi, e hai fatto lo stesso e ti ho chiamata per tenerti compagnia durante la strada e dov'era l'angelo che doveva sorvegliarti?

Mi sono girato ed eri lì, avevi braccialetti sui polsi e fiori nei capelli, sei venuta verso di me e mi hai offerto riparo dalla tempesta. Siamo passati come fantasmi davanti a tutti, ci siamo dati la mano per evitare domande, il cameriere ci ha sorriso ed ha capito e quel giorno abbiamo cantato hallelujah, facendo l'amore sotto le stelle, sotto il soffitto, sotto noi stessi, è stato quasi un sogno e come un sogno ci è sfuggito dalle mani.

Un'altra volta ho bevuto un intero pomeriggio e sono stato malissimo e tu mi tenevi in piedi, o sdraiato, non fa differenza e dicevi che abbracciarmi era meglio di fare l'amore.

Infine mi sono ubriacato e sono venuto a dirti addio e tu non hai capito, non mi hai preso sul serio.
Perciò ho preso a camminare fino all'alba, che era l'ora dove sapevo ti avrei trovata a guardare fuori dalla finestra, appoggiata al davanzale, e tornavo a casa stanco e con le piante dei piedi distrutte.
Saltavo di panchina in panchina pensando a come sarebbe stato averti lì con me e maledicevo i passanti, sapendo che fuori dalla porta non c'era nessuno ad aspettarmi.