25/05/17

Nero.

Non ho nomi per i miei nuovi nemici, perciò glieli assegno ad libitum. Ho deciso che ti chiami D. Ora, D, non so che faccia hai. Anche se posso supporre che, con buona probabilità, mi assomigli in qualche cosa. Sarà un tratto della mascella, un qualcosa nello sguardo, le mani. Non mi interessa. Eppure sono un po' di giorni che vado a letto e mi trovo a pensare al modo in cui ti potrei fare male. Non c'è nulla effettivamente da pensare. Queste cose seguono l'istinto. Il mio istinto dice che ti devo sbranare la faccia. Perché? Perché sbranare la faccia, mi sa di qualcosa di animalesco, spietato e crudele. Perché non puoi nascondere la tua faccia sbranata, ma una cicatrice altrove la puoi nascondere senza problemi. Perché non ti aspetti che qualcuno venga a sbranarti la faccia. Al massimo ti puoi aspettare che qualcuno venga e ti prenda a pugni o a calci o, nel migliore dei casi, ti dia una coltellata. Invece voglio camminare verso di te, fermarti un attimo, prenderti per i capelli in modo da piegarti la testa verso destra e sbranarti la faccia. Il corpo umano è resistente e crudo, quindi un pensiero che dovrò tenere a mente sarà "mordi dieci volte più forte di quanto pensi servirebbe". Per prima cosa ti strapperò una guancia e poi la sputerò per terra. Voglio sentire il tuo sangue sulle labbra, sul mento e sulla barba. Il problema è che a questo punto sarai ancora in piedi, perciò per un attimo dovrò tornare al vecchio caro calcio nei coglioni. E quando sarai a terra continuerò a darti calci su tutto il corpo finché la smetti di muoverti eccessivamente. Dovrei evitare la faccia, ma sono un tipo che si fa prendere la mano in certi casi. Quando sarai fermo, ti staccherò a morsi orecchie e labbra. Il naso no. Non mi ispira. Ci camminerò sopra. Un'altra cosa bella da mangiare sarebbe un tuo occhio. E poi? Comunque mi hai visto, quindi devo ammazzarti. Gli ultimi morsi saranno al collo. Poi mi siedo e attendo il dissanguamento. Conoscendomi, metterò un po' di musica. Per creare contrasto sarà qualcosa come:





Hai notato che sembra non esserci un perché, D?

Il problema è che hai giocato con il cibo. L'ho fatto anche io. Per questo so quanto sia sbagliato. Pare che tutti i tratti che odiamo nelle altre persone siano in verità tratti di noi che non vogliamo vedere in noi stessi e che quando scorgiamo negli altri ci ricordano quelle parti di noi stessi che odiamo. Quasi nessuno se la prende con se stesso, mentre invece è facile proiettare questo odio sugli altri. E così farò io. Ipocrita, lo so. Ciò non toglie che se ti comporti da coglione, prima o poi qualcosa di brutto accade. Potevi non saperlo, ma era il mio cibo, D.


Purtroppo non accadrà nulla di ciò. Sono sotto copertura, non posso prendere questi rischi. Quindi, accadrà qualcosa di simile, ma solo metaforicamente. E ti assicuro che farà molto più male di morire. Stai sempre all'erta. Non mi vedrai arrivare. L'inferno ti sembrerà un posto simpatico in cui vivere quando sarò passato da te.







A volte mi nutro del dolore altrui. So che non si fa. Sono rimasugli delle mie psicopatie. C'è un sottile piacere nel farlo che mi attira. Leggere dolore, vedere dolore. In video, nella realtà. Non si fa. E' meglio che non si sappia. E la cosa paradossale è che a volte scendo così a fondo nel dolore degli altri e ne cerco sempre di più, sempre di più, finché non finisco per trovare qualcosa che fa male anche a me. Lì capisco che mi sarei dovuto fermare prima. Succede ogni volta. Eppure continuo e continuo in una morbosa analisi fredda di quello che vi fa stare male. E' probabilmente il prezzo da pagare per questo il banchetto di lusso che sono le vostre lacrime e le vostre emozioni negative. Non ragiono sulle motivazioni che mi spingono a farlo. Una sarà comprendere cosa accade e prepararmi per quando sarà il mio turno. L'altra è solo godere e brindare sulle disgrazie altrui. Brindare con il sorriso.

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