16/11/14

Andrea si è perso.




"E' un'idea del cazzo.", pensava Andrea mentre scendeva dal treno, "Proprio una grossa e intramontabile cazzata". L'aria di novembre gli scuoteva la faccia e lui, come risposta, si portava una mano al collo aggiustandosi un foulard praticamente inutile per quella temperatura. Eh, ma secondo lui era figo, sono sacrifici che vanno fatti.
Uscito dalla piccola stazione, si chiese se prendere un bus o se affidarsi a google maps per raggiungere il dormitorio. "oppure potrei chiedere indicazioni, sai, come si faceva nel medioevo", riflettè tra sè e sè. Ma di avvicinare gente non era il caso, era già sovrappensiero, perciò si mise le cuffie nelle orecchie, fece partire gli mgmt e si disse che era tempo di fingere, cominciando a camminare.
Questo posto di merda era più lontano del previsto, era mezz'ora che camminava e ovviamente non aveva un trolley come le persone normali, perchè andrea non è una persona normale e non ha sensazioni normali come tutti noi, bensì uno zaino pieno zeppo di roba che gli sarebbe dovuto bastare per 3-4 giorni. O per mezz'ora. Perchè le condizioni erano quelle che erano e quindi sarebbero potuto tornare già la sera stessa.
Nel tragitto pensava al viaggio notturno, nato da un'immensa ubriacatura accompagnata dall'abuso di sostanze stupefacenti, il tutto tragicamente culminato nella brillante idea di comprare online un biglietto per una città distante solo cinquecento chilometri. Poi, barcollando, aveva buttato due magliette, due jeans, quattro mutande, quattro paia di calze, spazzolino, felpa, tutto nello zaino, tutto in fretta e via verso la stazione. Fortunatamente aveva dormito per qualche ora, noncurante degli stronzi che girano sui treni notturni e aspettano solo di fotterti portafogli e quel minimo di dignità che ti resta. Ma la dignità ed i sogni di uno strafatto sono ben poca cosa.
Non che fosse la prima volta che andrea prendesse treni a cazzo, immotivatamente, ma stavolta l'idea finale era tragicomica come un pugnale nel cuore della madonna: andare a incontrare marina, dopo più di un anno in cui non si erano nè visti nè cagati nè sentiti in alcun modo.
"geniale idea, cristo", ripeteva quando ormai vedeva il dormitorio, realizzando solo in quel momento di non sapere neanche il padiglione o il numero della stanza di marina, nulla. Già l'indirizzo del posto era stato ottenuto attraverso una soffiata da un amico in comune, e non si era premurato di informarsi su nulla altro. Dopotutto era ubriaco quando nel suo cervello le sinapsi si erano illuminate facendo scattare tutto questo grande piano.

Per andare sul sicuro, seguì una coppia di ragazzi verso quella che sembrava la sala comune.
"C'è troppa gente".
Ma nessuno badava a lui, seppure fosse chiaro il suo essere appena arrivato. Forse il fatto che avesse cominciato a sorridere in stile mezzo pazzo mezzo bastardo che la sa lunga, infondeva fiducia negli altri e non lo faceva apparire come uno sconosciuto. "Dopotutto", pensò, "saranno in 200-300 in questo posto, non possono mica conoscersi tutti". Buttò lo zaino su un divano con un movimento rapido, come se l'avesse fatto ogni giorno scendendo da una stanza qualsiasi, e poi uscì verso un porticato che dava su un giardino.
Due passi dopo la porta, solo due passi e bam! Accecato in un attimo dal sole e dagli occhi divertiti di lei. Il tempo si ferma e comincia ad andare piano piano pianissimo, un millisecondo per volta, nella mente di andrea.

Primo millisecondo, "chissà che cazzo di faccia ho io".
Secondo millisecondo, gli occhi divertiti di marina cambiano e mostrano stupore.
Terzo millisecondo, il sorriso già presente sul suo viso, si allarga un attimo.
Quarto millisecondo, l'espressione cambia ancora ed ora marina ha una faccia interrogativa.
Quinto millisecondo, "andrea...", una voce flebile.
Sesto millisecondo, "io non sono qui", balena nella testa di andrea.
Settimo millisecondo, la poesia "lavandare", di pascoli, balena nella testa di andrea.

"ciao, parliamo?", semplice e diretto, perchè non è un tipo a cui puoi chiedere il perchè, il percome, com'è andato il viaggio o queste stronzate qua.
E tradotto comunque voleva dire "parla", dato che nella mezz'ora successiva lui quasi non spiccicava parola, mentre marina aspettava forse questo momento da parecchio tempo e allora su, veloci, nella stanza di lei. Marina apre un tiretto e tira fuori dei fogli sparsi su cui ci sono scritte frasi di canzoni, poesie, spiegazioni del perchè, di tutti i perchè mai creati dall'uomo, ma sopratutto dei perchè tra loro era finita.
Tutte cose che sembravano ragionevoli ad andrea, ma forse era solo il suo cervello annebbiato dalla vista paradisiaca di lei. Quelle labbra, quelle mani. La sua bellezza era un pugno nello stomaco. Ed anche molto forte.
Lei continuava a parlare, a sciorinare tutti i suoi pensieri elaborati in un anno e passa di silenzio, come se dovesse giustificarsi forzatamente. E intanto la cosa la stava scuotendo internamente, tanto che, ad un certo punto, si buttò sul letto quasi con le lacrime agli occhi dicendo "e poi c'erano quelle dicerie su di te...e allora ho pensato che...".
Andrea seduto per terra, ascoltava e basta, anzi, sentiva e basta. Forse non stava prestando attenzione alle parole come avrebbe dovuto fare, ma non gli fregava nulla. Dopotutto non sapeva neanche perchè fosse lì.
Poi le parole si fermarono e andrea prese la ragazza, la fece sedere sul letto e si mise a fissarla intensamente negli occhi, come per cercare di cavarle l'anima in qualche modo oscuro, e lei di rimando lo guardava con uno sguardo misto tra curiosità e preoccupazione.
Per spezzare la tensione, marina disse "mi sei mancato molto" e gli buttò le braccia al collo.
Lui stava lì, fermo, insensibile come un arto paralizzato che non senti più tuo, ma la sensazione gli pervadeva tutto il corpo.
"Dev'essere così morire", pensò il ragazzo, "non è male come dicono, non peggio delle altre volte in cui mi è capitato".
Ma ancora non parlava, non sapeva cosa dire. Allora la prese per una manica e la guidò verso l'esterno, tornarono al porticato dove si erano visti per la prima volta e mentre camminavano verso il giardino, fuori dall'ombra del patio, due ragazzi si avvicinano verso andrea, "ma non vieni a lezione? dai, sta per cominciare", gli fa uno.
Mentre lui si domandava per chi cazzo l'avessero scambiato, l'altro aggiunge "dai, mario, che oggi il professore prende le firme!".
Senza spezzare le loro forti convinzioni, lui risponde veloce "no, oggi non vengo".
"ok, allora a domani!", dice uno dei due e si allontanano velocemente.
Marina rimane un po' spiazzata dalla conversazione, ma un pensiero più importante le salta in testa e si insinua fino alla sua lingua, un chiaro indice di pazzia che poi era anche la base della loro relazione: "dobbiamo fare l'amore un'altra volta".
E sorride.
Il ragazzo si risveglia all'improvviso dal torpore e si lascia andare in una risata, la prende per i fianchi e dice "una sola volta? Facciamo venticinque. Anzi, trenta.".
Poi la bacia velocemente, troppo velocemente perchè lei si sposti e troppo velocemente perchè qualcuno dei due possa riflettere su tutto ciò.


2 commenti:

  1. boh non so, son mica convinto.
    secondo me era meglio se lui le tirava una testata fortissima sul naso e poi se ne andava scorreggiando.

    ma io ho gusti particolari.

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  2. Ho chiarito subito che andrea non è una persona normale.

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