14/02/17

Vera.

Vera.

Ti scrivo in questo modo perché non credo di averlo mai fatto.

Ci siamo conosciuti ad inizio luglio nel mio pub preferito. Era una serata in cui non volevo uscire, ma poi mi sono detto "vediamo come va". Mi sono visto con un'amica e questa ha portato altri amici e amiche. Ci siamo seduti e abbiamo parlato un po'. Ho capito abbastanza subito che non era un gran periodo per te. Per me era un mezzo incubo. Stavo cercando di rimettermi in piedi camminando a tentoni. Ho quasi rimosso quel periodo. Non ricordo molti avvenimenti. Solo tante canne. Avevo molto tempo libero e casa spesso libera. Quell'estate non ho fatto nessuna vacanza, se escludiamo tre giorni al mare, con amici. Comunque, la serata finì. E io decisi di ricontattarti qualche giorno dopo. Ricordo il giorno. Era il 18 sera quando ti ho contattata.

Siamo usciti la prima volta in una piazza che per tanto tempo non mi è andata troppo a genio perché d'estate era pienissima di gente e io volevo evitare. Eppure per qualche giro di amici ci finivo lo stesso e mi trovavo in questo conflitto: begli amici, ma posto di merda. Ci siamo seduti su una panchina e abbiamo cominciato a parlare, così tanto che si è fatta l'una in pochi secondi. E durante la conversazioni mi hai anche rullato una o due canne, ma le ho fumate solo io. Poi ho deciso di andare in un bar, ma arrivati lì erano quasi le due e il posto era chiuso. Siamo rimasti sulla panchina di fronte alla saracinesca per un altro po'. Era carino parlare con te.

Ci siamo visti per altre tre volte. Ricordo che siamo andati al parchetto, su quelle panchine verdi, ad uno dei bar fighetti, ma lontani da casa mia. Tu sei andata in vacanza da qualche parte. Quando sei tornata ci siamo visti e siamo andati a casa mia.

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Questa canzone mi dava speranza. L'idea di un futuro migliore. Di qualche sorriso, dell'estate.

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Lì abbiamo ascoltato musica mentre guardavamo le stelle, proprio come avevo previsto tempo addietro nei miei sogni chiari ad occhi aperti che spesso si avverano. Ti ho portata dentro e ci siamo sdraiati sul letto. Quando mi sono chinato a baciarti hai detto qualcosa come "dobbiamo proprio?". Da brava persona, non ho pensato a nulla e ho continuato. E infatti abbiamo passato la notte a vivere. Quella sera la ricollego chiaramente a questa canzone:




(Sulla faccia più forte!)
L'ho infranto altre mille volte
(Sulla faccia più forte!)
io morivo e, invece, davo morte
(Sulla schiena più forte!)
lei moriva ed io restavo inerte
(Sulla schiena più forte!)
La mia mente era da un'altra parte




Il giorno dopo mi sono risvegliato dormendo a pancia in giù. Tu tenevi le ginocchia su ed eri seduta appoggiata allo schienale del letto mentre leggevi un libro. Era una bella scena.

I primi tempi li abbiamo persi mentre cercavo di farti capire quanto si sarebbe potuti stare meglio stando un po' vicini. Poi l'hai compreso e ci siamo goduti il resto dei giorni. Ricordo un ultimo pomeriggio sulle panchine gialle, in quel parco vicino al bar dove andavamo ogni tanto. Avevo la maglietta verde leggerissima e sopra la camicia rossa e blu aperta. Mi hai detto che ero bello.
Ci siamo scambiati decine di canzoni e conversazioni in una specie di mondo parallelo che non avrebbe dovuto esistere, ma l'abbiamo creato lo stesso perché un po' ci piaceva quell'idea pazza.

Mi piaceva leggere quello che scrivevi e trovarmi tra le righe. Io ho scritto pochissimo di te, scrivo sempre a scoppio ritardato. Ora, a freddo, mi riesce più facile analizzare la relazione. Ricordo benissimo il momento in cui pensai "mi piace stare con lei". E' stato bello condividere dei momenti insieme. Grazie per aver rispettato il mio silenzio quando ero sdraiato sulla poltrona e tu sul divano e magari volevi stare più vicina. Era il giorno dopo. Quel giorno dopo.

Ricordo perfettamente i tuoi occhi, vecchi quanto il mondo, quella volta in cui abbiamo fatto l'amore più delle altre volte. Ed è un ricordo che non andrà via mai.

Successivamente, io ho deciso di essere coerente con i miei principi ed è finita così. Sono tornato a casa, ci siamo scambiati le canzoni d'addio, da veri professionisti, e abbiamo messo da parte i messaggi.

Ho pianto per un quarto d'ora e non me l'aspettavo. E questo mi ha fatto stare un po' bene e mi ha fatto anche riflettere. Mi hai aiutato a rialzarmi, in qualche modo. Perciò, anche se l'ho già fatto, ti ringrazio di nuovo.

Ed è stato uno sfizio andare contro alla canzone e ricercarsi d'inverno.




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