20/04/13

Sono il figlio del rock 'n roll.

Sarò schietto.
Per me potrebbe esserci chiunque sul mio letto, non farebbe alcuna differenza.
Abituati ad aspirare al massimo ed a sbattere contro quella puttaniera che è la vita.

Non ricordo come ci siamo conosciuti, voglio non ricordare. Era tutto sotto controllo finchè ti assumevi tutte le tue colpe, ma io profetizzai "un giorno mi sputerai addosso tutte le tue colpe e dirai 'è colpa tua, tutto' " e così è successo.
Scherzo, ricordo. Ho conosciuto alexandra in uno di quei party dove eravamo tutti sfondati e io, più o meno, saltavo addosso a qualsiasi ragazza mi capitasse a tiro e parlavo con tutti ed ero socievole.
Insomma, non ero io.

La storia andò avanti relativamente bene, io ero entusiasta di avere una figa e lei era entusiasta di avere una sicurezza, qualcuno che poteva prendersi cura di lei.
Andò bene i primi mesi.
Premetto che io ero un ubriacone del cazzo, come sono tutt'ora, ma lei era quasi peggio, avvantaggiata dal fatto che, essendo una ragazza, riusciva ad ubriacarsi con molto poco. I casini fuoriusciti dalla bottiglia erano infiniti: alcuni derivavano da me, altri dalle sue luride paranoie psicologiche dettate da un'infanzia probabilmente disastrata e vissuta male.

Era tutto sotto controllo, finchè ad una festa in cui era presa male, non cominciai a prenderla a schiaffi per farla riprendere. Odiavo il fatto di dover essere io a gestire una persona come se fosse un figlio e dover dire "non fare così, smettila di bere, non fare cazzate"; mi sarebbe piaciuto stare con qualcuna che fosse riuscita a badare a se stessa.

Ma, piano piano, la mia libertà si andò restringendo fino a soffocarmi senza pietà. Non potevo fare più nulla senza essere sotto controllo, peggio di come si deve sentire un cittadino nordcoreano qualunque. Non potevo uscire senza rendere note le persone che frequentavo, non potevo parlare dei cazzi miei con i miei amici, non potevo guardare altre donne. Non potevo.

Implodevo leggermente dentro di me, ogni giorno andando ad aggiungere una lurida goccia a quel vaso che già traboccava, ma me ne fottevo perchè ero innamorato. Questo mi teneva in piedi, in bilico, ma in piedi.
Bevevo e fumavo e scopavo sperando ci fosse solo questo di mezzo, nulla di più.

E scopavamo, felici, tantissimo. Un quarto d'ora, venti minuti, mezz'ora di felicità, senza problemi. Fin lì andava tutto bene. Era per quello che ero in quella situazione. 
Ma già alla fine della scopata temevo si presentasse qualche situazione di merda come "ho saputo cos'hai fatto ieri/parli ancora con quella?/ho sentito la tua amichetta". Cristo, l'avrei presa a testate, ma sono un gentiluomo.
Per evitare di picchiare lei, prendevo a pugni me stesso.
Tantissimi pugni in testa per cercare di neutralizzare i litigi e le discussioni che portava avanti praticamente da sola, a breve mi sarei causato una commozione cerebrale, ne ero sicuro.

Lei quasi si dispiaceva, piangeva: "non lo fare, smettila!".
E io continuavo a darmi pugni.
Ero completamente di fuori, ma non potevo più sopportare la situazione.

Era una relazione piena di periodi:
periodo di merda,
periodo di merda,
periodo buono che durava massimo una settimana,
periodo di merda per una mia cazzata come tentare di uscire con una vecchia amica,
periodo di merda per discutere della mia cazzata,
periodo di merda per sentirmi dire "io non sono una persona cattiva, perchè mi tratti così? Cosa ho fatto per meritarmi questo?"
E io rimanevo lì, a sorbirmi tutte queste cose per il semplice motivo che lei era la mia vita ed io ero la sua e non sapevo neanche dove andare senza di lei.
Il mio mondo si era chiuso su una persona e non sapevo come uscirne.

Ci svenavamo tutti i giorni per quei brevi momenti di perfezione. Ora ho capito cosa c’era dietro.

13/04/13

Emergenza.






in caso di incendio, sputare sulle fiamme,
accendere sigarette e respirare fumo,
saltare sui tavoli, schiacciare gli amici,
lanciarsi dalla finestra.
spirare con gaudio
senza dare fastidio ai soccorritori.

in caso di terremoto, spingere la terra,
staccare le piastrelle, battere pugni sordi
sui muri,
creare un finto riparo,
piazzarsi sotto tale capanna,
calmarsi,
ascoltare il prezioso rumore
del blocco di marmo e cemento che
ti sfonda il cranio.
spirare in fretta
senza biasimare i giornalisti con i caschi.